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Olindo e Sofronia

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LUCA GIORDANO

d252

LUCA GIORDANO

Napoli 1634-1705

Olindo e Sofronia

olio su tela, cm 62×78

 

L’episodio qui raffigurato, tratto dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, è una vicenda appassionante, della quale furono apprezzati in passato gli alti valori morali: per salvare la vita dei cristiani di Gerusalemme, accusati in massa dal re Aladino della misteriosa sparizione di una immagine religiosa, Sofronia si assunse la responsabilità dell’accaduto sfidando la condanna al rogo. Segretamente innamorato della giovane, Olindo accusò sé stesso per salvarla, ma finirono entrambi condannati. Clorinda, l’eroina musulmana a cavallo che addita nel dipinto i due giovani come esempio di verità e di giustizia, riuscirà comunque a salvarli.

Come confermatoci da Nicola Spinosa, autore di uno studio sul dipinto, questa tela, un vero saggio di bravura e velocità pittorica, è opera autografa di Luca Giordano. L’artista napoletano, tra i massimi protagonisti della pittura del Seicento, conteso dai regnanti di tutta Europa, aveva realizzato negli anni tra 1675 e 1680 una grande raffigurazione di questo soggetto (cm. 363×375), insieme ad altre tele monumentali, per la residenza romana del marchese Marc’Antonio Grillo, marchese di Clarafuentes. Passata in collezione Balbi a Genova, l’opera è poi approdata nel Palazzo Reale della stessa città, dove tuttora si conserva.

Lo studioso sottolinea come il nostro inedito dipinto, che mostra notevoli differenze rispetto alla composizione già Grillo, sia una “versione ridotta e con alcune varianti della tela di grandi dimensioni oggi esposta nel Palazzo Reale di Genova”, proponendo una datazione tra il 1680 e il 1685. Giordano affrontò altre volte questo tema, talvolta, come in un Olindo e Sofronia di grandi dimensioni (cm 105×206) in collezione londinese, facente coppia con un Rinaldo e Armida, seguendo con maggiore fedeltà nelle sue linee generali – ma in controparte – la composizione dispiegata nel dipinto di Genova.

Nelle sue varie versioni, il tema diventerà molto popolare tra i seguaci del Giordano, con repliche ispirate alle composizioni del maestro ad opera di vari pittori napoletani, quali Paolo De Matteis e Nicola Malinconico. Un’altra versione di questa composizione, ritenuta finora autografa ma a nostro parere da sottoporre a nuove verifiche dopo l’apparizione di questo esemplare, è conservata a Burghley House, in Inghilterra.

 

Pubblicazioni:

“I tesori nascosti. Tino di Camaino, Caravaggio, Gemito”, catalogo di mostra a cura di Vittorio Sgarbi, Fondazione Pietrasanta Polo museale, Maggioli Musei Edizioni, Rimini, 2017, pp. 172-175.

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