PIETRO NEGRI

PIETRO NEGRI

Venezia, 1628-1679

Nerone e Agrippina

olio su tela, cm 141,5×172

 

Lodato dai biografi coevi per l’“esquisita maniera di colorito, e per la nobiltà, e vaghezza nella composizione de suoi quadri”, Pietro Negri appartiene al gruppo dei ‘tenebrosi’ veneziani, pittori attivi in laguna sulle orme di Giordano e di Langetti. Affascinati delle tinte forti dei due forestieri, i ‘tenebrosi’ furono i protagonisti nella Venezia del secondo Seicento, prima delle aperture neo-veronesiane di Sebastiano Ricci e di altri grandi del Settecento nella città dei dogi. Mina Gregori riconosce Pietro Negri come autore del dipinto, artista formatosi nell’ambito di Ruschi e di Zanchi, come segnalato secondo il Safarik, autore di un contributo monografico su questo pittore (1978). La studiosa nota nelle figure femminili di sinistra “il debito del Negri verso la pittura bolognese”, mentre, osservando la gestualità enfatica del Nerone a mani giunte, suppone un rapporto con il teatro “che nei decenni in cui i ‘tenebrosi’ operavano era a Venezia in grande affermazione”. Lo stesso soggetto fu affrontato da Negri in almeno un’altra occasione. Si tratta di un dipinto, ora a Dresda alla Gemaldegalerie, riferito all’ottavo decennio, rispetto al quale il nostro esemplare, pur nelle fisionomie assai simili, si distingue per un chiaroscuro più tenue che lascia supporre una cronologia più antica, almeno alla metà del secolo. Sullo sfondo si intravede emergere, tra Nerone e la figura con turbante, un misterioso volto visto di fronte, un ‘pentimento’ che certifica l’originalità della composizione.