Natura morta con armatura, tromba, bandiera, fucile, cuscino con cagnolino e drappi di broccato in un interno

ANTONIO TIBALDI

ANTONIO TIBALDI

Roma, attivo nella seconda metà del XVII secolo

Natura morta con armatura, tromba, bandiera, fucile, cuscino con cagnolino e drappi di broccato in un interno

olio su tela, cm 98×135

 

L’approfondirsi delle conoscenze su un ambito, fino a tempi relativamente recenti piuttosto negletto dagli studi, quali la natura morta, ha portato alla comparsa di numerosi nomi di artisti finora dimenticati, che pure avevano avuto un ruolo non trascurabile nelle vicende storico-artistiche del periodo. Nel caso di dipinti come questo, il nome che sarebbe stato chiamato in causa era sicuramente quello di Francesco Noletti detto il Maltese (1611 c.-1654), noto anche come Fieravino. Come chiarito da Davide Dotti, autore di uno studio sul dipinto che presentiamo, siamo adesso in grado di ricondurre un’opera come questa alla “seconda schiera” di artisti che sulla scia del misterioso Fioravanti e, appunto, del Maltese, operava a Roma nella seconda metà del Seicento. Tra questi, ricorda lo studioso, furono Jacques Hupin, Carlo Manieri, Gian Domenico Valentini, e appunto, il nostro Antonio Tibaldi, “registrato negli Stati delle Anime della parrocchia di Santa Maria del Popolo a Roma nel 1675 come ‘pittore romano di anni 40’”.

Fondamentale per il recupero critico di quest’artista, la comparsa a Christie’s nel 1990 e nel 1998 di opere firmate, attorno alle quali è stato possibile ricostruire un corpus del pittore, sicuramente in via di definizione e allargamento in futuro, nel quale sono approdate opere di collezione privata come quella che pubblichiamo per confronto, dipinto che, come puntualizza Dotti, presenta numerosi elementi “tipici del prontuario iconografico del maestro che ritroviamo anche nella tela” oggetto di questa scheda. Tra questi, l’armatura cesellata in bell’evidenza in entrambi, mentre il grazioso cagnolino rivolto verso l’osservatore, regalmente accucciato sul cuscino, è comparso simile in un dipinto passato recentemente sul mercato antiquario. Per quanto riguarda la datazione, Dotti suggerisce, “in assenza di appigli cronologici certi”, una datazione tra il settimo e l’ottavo decennio del XVII secolo.