COSTANTINO CEDINI
(Padova, 1741 – Venezia, 1811)
Figura allegorica
affresco trasportato su tela, cm 220×110
Nel panorama di generale ridimensionamento politico ed economico subito dagli stati della Penisola nel corso del Settecento, la Serenissima, pur assumendo in questo progressivo declino un ruolo paradigmatico, partorisce con Giovan Battista Tiepolo e Antonio Canova forse gli ultimi due artisti italiani di livello internazionale. L’importanza e il successo del primo, proseguito dal figlio Giandomenico, segnarono, come ovvio, la produzione artistica veneta della seconda metà del Settecento. Tra i pittori che operarono nella scia del grande maestro fu anche l’autore di queste due grandi figure allegoriche, che Dario Succi ha riconosciuto in Costantino Cedini, “uno dei più notevoli protagonisti nel territorio veneto del passaggio dal mondo figurativo tiepolesco, tipicamente rococò, alla nuova concezione dell’arte neoclassica”. Formatosi nella bottega di Jacopo Guarana, decoratore di gran moda a Venezia, il Cedini tra 1768 e 1771 risulta iscritto alla locale Fraglia dei pittori.
Succi, nel suo studio sui dipinti, raffiguranti due leggiadre fanciulle in forma di statue dinanzi ad un fondale architettonico, un tempo probabilmente parte della decorazione di una residenza patrizia, sottolinea in particolare la vicinanza delle opere in esame ad un gruppo di quattro monocromi simboleggianti le Stagioni di villa Bon a Mira, riconducibili al Cedini “per la caratteristica impronta tiepolesca, ammorbidita da una linea più esile e tenera, per il modellato privo di asprezze e la maniera di atteggiare le figure entro panneggi mollemente rigonfi”.
Per quanto riguarda la datazione delle nostre opere, lo studioso propende per una collocazione negli anni Ottanta, in un periodo che precede la decorazione, nel 1794, della succitata villa.