ANDREA DELLA ROBBIA
Firenze 1435-1525
Tabernacolo
terracotta invetriata di bianco con dettagli policromi, cm. 121x71x10 circa
Questo raro tabernacolo eucaristico parietale è stato ricondotto da Giancarlo Gentilini ad Andrea della Robbia, uno dei grandi protagonisti della famiglia, nipote del celebre Luca che intorno al 1440 inventò la gloriosa tecnica dell’invetriatura, vanto dell’arte fiorentina del Rinascimento (sull’artista vedi G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, 2 voll., Milano, 1992, I, pp. 169-271).
Nel suo dettagliato scritto dedicato all’opera, lo studioso descrive minuziosamente questa “significativa testimonianza del versatile ingegno creativo di Andrea”, composta un tempo di cinque elementi (assente il gradino), di cui quattro ancora presenti, inclusa la cimasa (priva del fregio). Il corpo principale finge un vano architettonico classicizzante con volta a botte e lacunari nel quale compaiono due angeli adoranti e la colomba dello Spirito Santo. Al centro sono presenti due aperture, il vano dell’ostia consacrata – un tempo protetto da una porticina solitamente bronzea – e un oculo. Ai lati si trovano le due paraste corinzie, decorate con tralci vegetali composti da pine, mele cotogne e aranci. Completa l’opera una cimasa ad arco dominata dal busto del Redentore, effigiato come un busto romano entro una nicchia a conchiglia di matrice classica.
Come precisato da Gentilini, questa tipologia di tabernacolo col suo repertorio iconografico trova “puntualissimi riscontri in altre edicole per il Sacramento di analoghe dimensioni da tempo concordemente riferite dalla critica ad Andrea della Robbia e alla sua bottega”. Andrea della Robbia, partendo da soluzioni sperimentate da autori quali, tra gli altri, Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano, realizzò numerosi esempi di tabernacoli eucaristici parietali. Tra questi, eccellono per monumentalità e complessità quelli conservati nella badia di Sansepolcro, nel duomo di Barga e nella chiesa fiorentina dei Santi Apostoli, compiuti tra fine del XV e il secondo decennio del XVI secolo.
Lo studioso segnala come confronto particolarmente calzante con il tabernacolo in esame due esemplari conservati a San Pietro ad Anchiano presso Borgo a Mozzano e a Cappella, in territorio lucchese, caratterizzati, oltre che da un similare repertorio decorativo, da “angeli in posizione dinamica, incedenti”, una peculiarità che sembra appartenere all’artista intorno al primo lustro del secolo.