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Ghirlanda

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PLASTICATORE CENTRO-ITALIANO DEL XVI SECOLO

o122

TOSCANA, XVI SECOLO

Ghirlanda

terracotta invetriata policroma, cm 110 diametro, cm 76 luce

 

“[…] restò l’arte priva del vero modo di lavorare gl’invetriati”, lamenta Vasari nella seconda edizione delle Vite, riferendosi all’epilogo della famiglia dei Della Robbia. La gloriosa tecnica della scultura in terracotta invetriata, sviluppata dagli scultori fiorentini nel corso del XV secolo, con i suoi segreti di bottega gelosamente tramandati di padre in figlio, nella seconda metà del Cinquecento – lo storico e artista aretino scrive nel 1568 – sta ormai cadendo in disuso, e solo molto più tardi, nel secolo diciannovesimo, le ‘robbiane’ vivranno un momento di vivace revival.

L’esemplare che presentiamo, una ghirlanda composta da otto segmenti raffiguranti frutti e elementi fogliati accompagnati sul bordo interno da una cornice a fuseruole, si può collocare tra quei documenti artistici ispirati alla tradizione robbiana fioriti in vari luoghi d’Italia sul finire del Rinascimento. Se talvolta questi manufatti risultano maggiormente assimilabili alla maiolica che alla scultura in terracotta, privilegiando gli aspetti legati all’uso degli smalti sulla plastica vera e propria, sono noti esempi più ambiziosi che sembrano rifarsi in maniera concettualmente e tecnicamente più fedele al magistero robbiano. Tra questi, come evidenziato da Giancarlo Gentilini, assume un ruolo particolare il grande altare firmato Jacopo Beneventano e datato 1522, realizzato per San Pietro ad Acquapendente (vedi G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, 2 voll. Firenze, 1992, II, pp. 476, 485-487).

La nostra ghirlanda appare, come nel citato altare attualmente collocato nella basilica del Santo Sepolcro della cittadina laziale, ispirata ai modelli fiorentini, ma con alcune peculiarità, come la stesura diluita del colore e la predominanza di particolari tinte quali l’ocra, che appaiono in linea con le scelte del misterioso Beneventano e con ulteriori esempi, anche umbri e meridionali, databili agli anni del crepuscolo di questa gloriosa tecnica.

Il manufatto è corredato di una relazione scientifica della ditta TecnArt di Torino (4 settembre 2015) che certifica la compatibilità dell’analisi di termoluminescenza effettuata con una produzione collocabile tra il XV e il XVI secolo.

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