SEBASTIANO MAZZONI
Firenze, 1611 – Venezia, 1678
Tributo della moneta
olio su tela, cm 98×151,5
Vera ‘chicca’ da appassionati la riscoperta di questo dipinto, opera di uno dei più intriganti e rari artisti del Seicento fiorentino, Sebastiano Mazzoni.
Il quadro, innovativo e sorprendente, è degno della bizzaria e dell’inventiva del pittore toscano sin dall’inedita soluzione compositiva: l’episodio evangelico del tributo della moneta, nel quale Cristo pronuncia la celebre frase “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, è affrontato da Mazzoni con un serrato assemblaggio di espressivi e concitati personaggi di tre quarti compressi in uno spazio ridotto all’essenziale, nel quale si registra anche l’inserimento, in primo piano, di un misterioso nudo di giovane sdraiato. La visione ‘di sotto in su’ del dipinto, particolarmente evidente in quest’ultimo, ha indotto Paolo Benassai, autore nel 1999 della monografia sull’artista e adesso di uno studio su quest’inedita opera, ad ipotizzare che questa fosse destinata ad una fruizione dal basso, magari con funzione di sovrapporta.
Secondo lo studioso, sebbene si possano stabilire confronti anche con creazioni riconducibili al periodo fiorentino, la tela mostra “tangenze maggiori […] con le opere della prima maturità, eseguite dopo il trasferimento definitivo a Venezia”, nelle quali il Mazzoni si rivela “originale interprete della lezione di Bernardo Strozzi e anticipatore di molti ‘tenebrosi’ veneziani”; e veramente appare difficile immaginare una tale forza creativa, un uso della pennellata tanto sfrontato e disinvolto, senza considerare le conseguenze dell’approdo in Laguna di questo “doppio matto” – come si autodefinì Mazzoni alludendo all’attività sia pittorica che poetica – dell’arte italiana.
Paolo Benassai, che conosceva il quadro in virtù di una riproduzione in bianco e nero conservata alla Fototeca Zeri con la corretta attribuzione, pubblicherà a breve l’opera nella nuova edizione della monografia sull’artista di prossima uscita.
Pubblicazioni:
“Catalogo Fototeca Fondazione Federico Zeri”, scheda n. 58150.