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Sacra Famiglia e San Giovannino

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Bottega di Jacopo Carucci detto il Pontormo?

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Bottega di JACOPO CARUCCI DETTO IL PONTORMO?

Pontorme, 1494- Firenze 1557

Sacra Famiglia e San Giovannino

stucco dipinto, cm 55 diametro, cm 69×69 con cornice

La suggestiva composizione circolare in stucco policromo che presentiamo è ancora racchiusa nella cornice originale, impreziosita agli angoli da racemi dipinti parzialmente leggibili. Un cordolo dorato circonda il tondo, caratterizzato da aggetti alquanto pronunciati.

All’origine di questa creazione, come ricostruito da Giancarlo Gentilini nel suo studio sull’opera, è uno splendido rilievo marmoreo di paternità ancora incerta. A dispetto della superba qualità, il tondo risulta ad oggi non sufficientemente considerato dalla critica, sia per la collocazione nella sagrestia di una chiesa fiorentina da lungo tempo quasi inaccessibile, Sant’Agata, sia per il problematico inquadramento stilistico nel panorama scultoreo dell’epoca. Nel 1966, tuttavia, in un articolo monografico ad esso interamente dedicato, un importante studioso tedesco aveva convincentemente proposto una coraggiosa attribuzione non ad uno scultore, ma ad uno tra i maggiori pittori del Cinquecento a Firenze, il Pontormo.

Oltre che da innegabili affinità stilistiche, evidenziate da vari confronti a disegni e pitture autografe, il riferimento al pittore toscano si appoggiava su ulteriori considerazioni: innanzitutto, sebbene non si conoscano sculture certe di sua mano, Vasari ricordava modelli in terracotta da lui realizzati. Inoltre, in una notazione inventariale del 1557, pochi mesi dopo la morte dell’artista, una “nostra donna di marmo di Jacopo da Pontormo”, proveniente dalle stanze del duca, esce dalla Guardaroba medicea con l’assenso di Eleonora di Toledo. Come rilevato da Gentilini, questa testimonianza, oltre a ricordare in date prossime alla realizzazione un’opera scultorea di mano, o comunque su disegno o da un modello in terracotta, di Pontormo, rende effettivamente possibile, come ipotizzava von Holst, riconoscere nel marmo menzionato proprio quello attualmente nella chiesa fiorentina: in quegli anni venivano elargite donazioni dalla casata regnante ad una suor Porzia, figlia naturale del duca Alessandro de’ Medici, badessa nel monastero di San Clemente, incorporato, dopo la soppressione nel 1808 – fa notare Gentilini – proprio nel convento di Sant’Agata.

Se l’opera in marmo può essere plausibilmente ricondotta, almeno nell’ideazione, a Pontormo, il nostro stucco, fedele all’opera da cui fu ricavato, potrà essere stato eseguito nella sua bottega o nella sua cerchia più stretta. Gentilini ricorda altri esemplari in stucco di questa iconografia: uno conservato al Museo di San Marco ma proveniente dalle distruzioni del vecchio centro cittadino, anche questo profilato da una corda dorata, uno in cattive condizioni nella canonica della parrocchiale di San Lorenzo a Vicchio di Rimaggio, presso Bagno a Ripoli, un altro nelle collezioni del Kaiser Friedrich Museum di Berlino, acquistato nel 1891 dall’antiquario Stefano Bardini e distrutto nell’ultimo conflitto mondiale.

Pubblicazioni:

“Ein Marmorrelief von Pontormo”, a cura di Christian von Holst, in “Jahrbuch der Berliner Museen”, 8 Bd, 1966, pp. 204-230.

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