PIETRO FACCHETTI 

Mantova, 1539 – Roma, 1613

Ritratto di gentiluomo

olio su tela, cm 116×87

Questo ancora non identificato personaggio che ci scruta con severo sguardo indagatore è stato ricondotto da Emilio Negro, autore di uno studio sul dipinto, alla mano del mantovano Pietro Facchetti, “incisore e pittore di chiare ascendenze lombarde, venete e nordeuropee”. Prolifico autore di ritratti a Roma, sulla scia di Scipione Pulzone, dove si trasferì intorno all’ottavo decennio del Cinquecento, di lui ricorda il Baglione che dipinse “quasi tutte le dame romane, gran parte de’gentiluomini e titolati di Roma”.

In linea con l’origine lombarda con ascendenti veneti dell’autore proposto da Negro, il dipinto si caratterizza per una tavolozza limitata e per l’assenza di elementi secondari quali tendaggi o colonne, lasciando concentrare lo sguardo del riguardante sulla fisionomia e sul carattere dell’effigiato. Ingentiliscono tuttavia la tela alcuni particolari, resi con notevole accuratezza, come il colletto di merletto bianco, che incornicia il volto del personaggio stagliandosi sull’abito scuro, e la raffinata cintura con una elegante fibbia in metallo sbalzato, riprodotta con perizia.

Tra le opere citate a confronto dallo studioso, il Ritratto di Maria de’Medici (Roma, Palazzo Lancellotti) e l’affresco raffigurante Domenico Fontana presenta a Sisto V il progetto per la nuova biblioteca (Roma, Biblioteca Vaticana, Salone Sistino), nel quale compaiono vari ritratti che condividono con il nostro ”l’acuta definizione fisionomica e psicologica”.