ALCEO DOSSENA
Cremona, 1878-Roma, 1937
Madonna con il Bambino
marmo, cm 64 altezza
“Ho inventato alla maniera dei grandi maestri, ma ho sempre inventato”. Con queste parole, Alceo Dossena difendeva la sua stupefacente arte dopo che, nel 1928, alcune opere vendute negli Stati Uniti come antiche furono riconosciute essere sculture moderne. Negli anni precedenti varie realizzazioni del Dossena – non sappiamo se eseguite in buona fede come questi sostenne in seguito – erano state identificate dai nomi maggiori della critica dell’epoca non solo come antiche, ma come capolavori dei maggiori artisti del Trecento e Quattrocento, e acquistate da importanti musei. Alcune furono attribuite persino a Simone Martini, un artista noto esclusivamente per la sua opera pittorica che, per giustificare queste creazioni così straordinarie, si arrivò a pensare fosse stato anche scultore.
L’arte del Dossena, che sappiamo aver trascorso periodi di studio anche in Toscana, trasse particolare ispirazione dal grande maestro senese per le sue opere, ma seppe sempre fondere il suo stile con influssi di altri maestri, anche successivi. La scultura in esame sembra, infatti, coniugare efficacemente, agli stilismi e alle sinuosità gotiche, tratti più maturi: dal volto languido della Vergine pare ad esempio trasparire qualcosa della Pietà michelangiolesca di San Pietro.
L’opera risale sicuramente alla fase più antica della produzione dell’artista cremonese. In particolare, la toccante scultura si apparenta da vicino alla Vergine Annunciata nell’Annunciazione dell’University Art Gallery di Pittsburgh, acquistata da Helen Clay Frick come opera di Simone Martini per l’enorme somma di 225.000 dollari presso l’antiquario Volpi di Firenze. Dell’opera statunitense ritorna sia il volto della donna, sebbene lievemente più ‘martiniano’ e stilizzato nella prima, e persino il capitello a dentelli sul quale si erge la figura nella nostra scultura. Le marcate rotture che la caratterizzano, con buona probabilità parte della creazione artistica, potrebbero far pensare che l’opera sia stata tra quelle che gli antiquari Fasoli e Pallesi, scopritori del nostro talentuoso scultore, spacciavano come provenienti da una mai esistita abbazia gotica distrutta da un terremoto presso il Monte Amiata, espediente escogitato per giustificare l’improvvisa comparsa sul mercato antiquario di tanti capolavori inediti.
Negli anni Trenta il Dossena, ormai libero di firmare le sue opere e di mostrarsi al pubblico, godette di un enorme successo e popolarità, culminato nella grande asta all’Hotel Plaza di New York del 1933.