GIUSEPPE CESARI DETTO IL CAVALIER D’ARPINO, CERCHIA DI

Arpino, 1568 – Roma, 1640

Combattimento tra gli Orazi e i Curiazi

olio su tela, cm 111×270

data: metà del XVII secolo

La grande tela che qui proponiamo riproduce piuttosto fedelmente l’invenzione di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, tradotta in affresco sulla parete del Salone dell’Appartamento dei Conservatori all’interno del Palazzo dei Conservatori, che affaccia sulla piazza del Campidoglio a Roma. Il ciclo commesso illustra alcuni episodi della storia di Roma tratti dalla narrazione lasciataci da Tito Livio nel suo “Ab Urbe condita”.

La monumentale opera parietale dell’Arpino, di circa quattordici metri di base, venne commissionata assieme al compito di affrescare anche le restanti pareti della sala nel 1595.

Tra circa il 1612 ed il 1613, Cesari lavorò al terzo episodio della storia di Roma, ossia il “Combattimento tra gli Orazi e Curiazi”, affrescata su uno dei due lati lunghi della sala: si tratta della leggenda che vede i due eserciti combattere per determinare il destino di Roma e Alba Longa.

Come nella nostra tela, la scena si svolge su una vasta pianura, con i due gruppi di guerrieri che si fronteggiano in primo piano: al centro l’ultimo Orazio sopravvissuto sta per abbattere l’ultimo Curiazio, mentre gli altri due fratelli Orazi giacciono morti a terra, e i due fratelli Curiazi sono già stati sconfitti. Sullo sfondo, una grande folla di spettatori assiste alla battaglia da lontano.

La scena nell’affresco, così come nel grande dipinto in esame, è catturata da un punto di vista leggermente sopraelevato così che lo spettatore, oltre a quel che accade a terra, a breve distanza, possa anche abbracciare con lo sguardo un’ampia veduta panoramica sulla sconfinata piana che si estende alle spalle dei belligeranti, fino a perdersi sulla linea dell’orizzonte.

Sopra tutto e tutti un cielo vasto appare striato da raggi di sole, quasi fosse segno d’un presagio vaticinato dagli aruspici romani. In primo piano, in una conca, sono ammassati i corpi di chi perdette lo scontro, mentre due simmetriche ali di astanti fanno da quinta in maniera invero teatrale al duello finale.

Il dipinto è una rappresentazione potente e drammatica della violenza e dell’eroismo: l’uso della luce e dell’ombra crea un senso di dramma e inquietudine, con una composizione equilibrata e dinamica.