ISIDORO FRANCHI
Carrara, 1660/65-Firenze, 1720 circa
Bacco
marmo, cm 145 altezza
Bacco, l’antica divinità classica, innalza festoso la coppa contenente il vino, nell’altra mano un grappolo di uva. Il bel corpo del giovane dio è avvolto in un fluente mantello che dona movimento alla figura, coprendone pudicamente le nudità.
Sandro Bellesi ha ricondotto questo marmo, “collocabile cronologicamente sullo scorcio del Seicento”, alla scuola toscana tardo barocca, e in particolare a Isidoro Franchi. Trasferitosi in giovane età a Firenze dalla natia Carrara, lo scultore, dopo l’iniziale apprendistato con Giovan Battista Foggini, nel 1684 aprì una attività in proprio in città, instaurando in seguito un sodalizio professionale con il collega Anton Francesco Andreozzi. Il Franchi, artista “orientato verso un linguaggio stilistico ricco di raffinato eclettismo” inizialmente influenzato dal barocco fogginiano e in seguito dalle tendenze più tradizionaliste del Fortini, mostra in quest’opera un “linguaggio semplice e corsivo” che, secondo lo studioso, sembra anticipare gli sviluppi settecenteschi, improntati ad una certa “sobrietà descrittiva”, di scultori come Vittorio Barbieri.
Quali confronti per la nostra scultura, probabilmente in origine parte dell’arredo di un giardino o di una loggia di una dimora patrizia, Bellesi indica in particolare le “opere condotte da Franchi nel corso dell’ultimo decennio del Seicento”, come l’Ercole in riposo del fiorentino palazzo Del Chiaro, del 1694, e le sculture di poco posteriori raffiguranti Paride e Giunone di palazzo Del Sera, sempre a Firenze, nonché il Meleagro di collezione privata pubblicato di recente, caratterizzato similmente alla nostra scultura da “evidenti debiti tipologici dal celebre Bacco di Michelangelo” del Bargello.