FRANCESCO ALBANI, BOTTEGA DI
Bologna, 1578 – 1660
Allegoria della Terra
olio su tela, cm 79×98
Le nostre due tele si ispirano alle allegorie dei “Quattro Elementi” dipinte da Francesco Albani e oggi conservate alla Galleria Sabauda di Torino. Il pittore bolognese realizzò la serie fra il 1625 e il 1628 su commissione del Cardinale Maurizio di Savoia che, durante il suo soggiorno romano, rimase affascinato dai tondi con le storie di Venere e Diana.
Raffinato mecenate sia in campo artistico che scientifico iI Cardinal Savoia non fu certamente estraneo al programma iconografico del ciclo, insieme allo stesso Albani e ad altri umanisti bolognesi. I nostri dipinti, attribuibili a un maestro aderente ai modelli stilistici di Albani, rappresentano l’allegoria della Terra e dell’Acqua.
Protagonista della prima tela è l’elemento Terra, rappresentato da Cibele, la Grande Madre, divinità simboleggiante la forza creatrice e distruttrice della Natura, riconoscibile per il carro trainato dai due leoni, la corona turrita sul capo, il globo e la chiave legata alla vita. Sul carro, insieme alla dea, altre divinità collegate al culto della terra: Cerere, dea delle messi, riconoscibile per le spighe di grano che porta sul capo e tra le mani, Flora, collegata al fiorire primaverile della natura, ornata di fiori e Bacco, dio del vino, con in mano coppa e tirso, suoi caratteristici attributi. I protagonisti sono attorniati da amorini, che illustrano ulteriormente il tema centrale della tela. Così, vediamo i piccoli putti mietere il grano e dividerlo in covoni sotto lo sguardo di Cerere, altri raccogliere fiori e frutti e altri ancora occuparsi delle varie fasi della vendemmia.
Nella seconda tela la scena si svolge in un ambiente prevalentemente marino in cui protagonista è Galatea. La nereide viene portata in trionfo su un carro-conchiglia trainato da un delfino cavalcato da un putto. Intorno a questo evento centrale, una serie di personaggi, legati all’acqua e alle sue virtù, animano il resto della scena: putti e ninfe marine smistano perle e coralli, un gruppo di amorini trascina a riva le reti, un tritone, visto di spalle, suona il corno-conchiglia che ha il potere di agitare o calmare le acque, un centauro marino amoreggia con una nereide. Sulla destra della tela, in secondo piano, giacciono placide alcune divinità sorgive e fluviali che si ricollegano certamente al tema dell’acqua ma più direttamente al mito di Galatea come narrato da Ovidio (Metamorfosi, libro XIII, vv. 738- 897).