SCUOLA VENETA, METÀ DEL XVIII SECOLO

Capriccio architettonico con veduta esterna

olio su tela, cm 126×162

Queste due eleganti tele, attribuibili alla scuola veneta del Settecento, costituiscono affascinanti esempi di capricci architettonici, costruzioni immaginarie e di grande effetto visivo che richiamano, con maestria tecnica e una fervida immaginazione, antiche rovine romane. 

La prima tela raffigura un interno parzialmente buio, forse una prigione o una fortezza, rischiarato da improvvisi bagliori vespertini e raggi di sole. Caratterizza il dipinto un intricato labirinto di scalinate, senza una visibile via d’uscita, popolato da piccole figure, in cui risuona l’eco delle visionarie “Carceri d’invenzione” di Giovanni Battista Piranesi, (Mestre, 1720 – Roma, 1778) con i suoi ponti sospesi, passaggi aerei e strumenti di supplizio.

Nella seconda tela, l’artista abbandona le cupe atmosfere per immergersi in un arioso cortile di un palazzo rinascimentale. L’immaginazione del pittore si sofferma su un’architettura di gusto palladiano, ornata da obelischi, archi decorati e snelle colonne. Questi elementi sembrano tratti dai manuali d’architettura di Michele Sanmicheli e Sebastiano Serlio, illustri maestri della Serenissima Repubblica di Venezia. Le sculture marmoree, di un bianco che risalta contro il cielo striato, raffigurano scene mitologiche e storiche. Questi ornamenti marmorei impreziosiscono il sontuoso palazzo, esemplificando la magnificenza architettonica veneta.

Seguendo una prassi comune del Settecento, le figure rappresentate all’interno delle tele sembrano essere opera di un diverso artista rispetto a chi ha realizzato le strutture architettoniche, come si evince dalla tavolozza chiara e vivace, in netto contrasto con le tonalità più scure degli sfondi, infondendo vita immediata ai suoi personaggi. Le due tele sono quindi il risultato di una collaborazione tra più pittori, impegnati in grandiosi progetti decorativi per ville e palazzi del Veneto. Sebbene i nomi degli autori non siano certi, è plausibile che queste opere siano ascrivibili alla tradizione di maestri quali Antonio Visentini (Venezia, 1688 –1782) e Francesco Battaglioli (Modena, 1710 – Venezia, 1796), pittori noti per le loro straordinarie capacità prospettiche e decorative, che hanno probabilmente influenzato o collaborato con gli artisti delle tele descritte, rendendo le composizioni qui presentate incantevoli esempi della pittura veneta del Settecento.