FRANCESCO GUARDI
Venezia 1712-1793
La sfida sul monte Carmelo
disegno a penna, bistro, acquerellato in seppia su tracce a matita, cm 28×42
Nel suo volume sui disegni del Guardi, Antonio Morassi definiva l’opera grafica dell’artista, insieme a Canaletto e Bellotto il massimo rappresentante del vedutismo veneziano, “un rapido schizzare estemporaneo, un istantaneo captare la situazione transitoria di gesti ed emozioni”. Una definizione che rende perfettamente, pur nei limiti connaturati alla parola rispetto alle sconfinate sfumature create dall’immagine, la sublime leggerezza dell’opera di questo pittore e del raffinato disegno che andiamo a presentare. Le figure adoranti una pira in fiamme illustrano l’episodio biblico (1 Re 18, 20-40) in cui il profeta Elia, per convincere il Re Acab della falsità dell’idolatria, sfidò i profeti del menzognero dio Baal sul Monte Carmelo: “Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!” Solo quello di Elia si incendiò, convincendo così la popolazione che linciò i sacerdoti impostori. Sul lato sinistro del disegno, un commovente brano di natura colto con poche sapienti linee, vediamo le due vacche pronte al sacrificio.
La nostra composizione era pubblicata genericamente come Scena di sacrificio dallo stesso Morassi nella sua imponente monografia (A. Morassi, Guardi, i disegni, Milano, 1975, pp. 41-43, 101, cat. 120, fig. 122), accostandola stilisticamente alla giovanile Presentazione al Tempio di Francesco Guardi conservata agli Uffizi di Firenze. I due disegni, scriveva lo studioso, “sapientemente macchiati ad acquerello e bene equilibrati nella composizione, sono opere finite e concluse in sé stesse a prescindere dalla loro eventuale, e non accertata, funzione di disegni preparatori per qualche dipinto” (pp. 41-43).